Nel 2001, con la vittoria nelle elezioni del partito di Thaksin Shinawatra, i militari persero il controllo dei poteri legislativo ed esecutivo, questo portò a uno spaccamento della popolazione e a una radicalizzazione dello scontro fra i sostenitori del nuovo governo da una parte, entusiasti per le riforme populiste di Thaksin in favore dei poveri, e i conservatori dall'altra, guidati dai vertici delle forze armate, dalla nobiltà e dalla ricca borghesia. Questi ultimi si trovarono a pagare il prezzo maggiore per le riforme di Thaksin e cominciarono a opporsi con vigore al governo.
Il 26 dicembre 2004 un terremoto con epicentro a Sumatra (Indonesia) provocò uno tsunami che raggiunse le isole e le coste thailandesi causando oltre 5.000 vittime nel Paese e centinaia di migliaia in tutto il mondo. L'accentuarsi dell'instabilità politica sfociò nel nuovo colpo di Stato del settembre 2006. La presa del potere da parte dei militari avvenne senza vittime, con l'assenso del re e di una larga parte della popolazione. Il primo ministro Thaksin fu incriminato con diverse accuse, tra cui la corruzione e il conflitto di interessi, e fu costretto a rifugiarsi in esilio all'estero. Durante il suo mandato Thaksin si era creato un grande seguito, promuovendo iniziative in favore della popolazione, tanto che nelle elezioni del dicembre 2007 vinse il Partito del Potere Popolare del suo alleato Somchai Wongsawat. Ebbe inizio una lunga serie di proteste da parte dei conservatori e monarchici; nel novembre dell'anno successivo gli oppositori al governo provocarono gravi disordini e in segno di protesta occuparono l'aeroporto di Bangkok causando pesanti disagi. Il 2 dicembre 2008, la corte costituzionale riconobbe il partito di maggioranza colpevole di brogli e lo sciolse, bandendo per cinque anni dalla vita politica Somchai Wongsawat e altri capi del partito.
Il potere rimase nelle mani di un partito controllato dai militari, ma visto che questo cambio al vertice avvenne per via gerarchica e non attraverso regolari elezioni, i sostenitori di Thaksin, le camicie rosse legate al neonato Fronte Unito per la Democrazia contro la Dittatura, non si diedero mai per vinti. Nel 2010 provocarono l'acutizzarsi della già grave crisi politica e sociale reclamando maggiori diritti, libertà e giustizia sociale, ma soprattutto la fissazione di nuove elezioni. Le massicce manifestazioni di aprile vennero brutalmente represse dall'esercito e i violentissimi scontri provocarono 91 morti, buona parte dei quali tra le camicie rosse.
Le elezioni si tennero il 3 luglio del 2011 e videro il largo successo del partito di opposizione Pheu Thai, guidato da Yingluck Shinawatra, sorella minore di Thaksin, che divenne il nuovo primo ministro in un governo di coalizione. Dopo alcuni mesi di dure proteste anti-governative, che chiedevano le dimissioni del primo ministro perché rappresentava gli interessi del deposto fratello, nel maggio del 2014 Yingluck fu destituita dalla Corte Costituzionale con l'accusa di "abuso del potere politico a fini personali". Con questa sentenza vennero destituiti anche tutti gli altri ministri in carica quando successe il fatto.
Con l'acutizzarsi della tensione e con l'intento di trovare una soluzione alla crisi, il 20 maggio 2014 l'esercito dichiarò la legge marziale a cui fece seguito il colpo di Stato militare del 22 maggio. La costituzione fu soppressa, il governo ad interim venne sciolto, entrò in vigore il coprifuoco sul territorio nazionale dalle 22 alle 5 e i dimostranti di entrambi gli schieramenti furono dispersi. L'intervento militare avvenne dopo che, a partire dall'inizio delle proteste in novembre, 28 persone avevano perso la vita in scontri e attentati collegati alle proteste. Fu il 19º tentativo di colpo di Stato nel Paese dopo l'istituzione della monarchia costituzionale nel 1932.
La mattina del 23 maggio, il comandante in capo dell'esercito Prayuth Chan-ocha, guida del colpo di Stato, si auto-proclamò primo ministro ad interim della Thailandia e iniziò subito a esercitare una ferrea repressione sulle opposizioni. Negli anni immediatamente successivi, malgrado le sollecitazioni della comunità internazionale, il regime militare rifiutò di concedere nuove elezioni. Con la morte di re Rama IX il 13 ottobre 2016, salì al trono il figlio Vajiralongkorn (Rama X), che fin dall'inizio del suo regno è stato molto attivo politicamente allargando la sua sfera d'influenza nelle vicende interne thailandesi. L'imposizione dei suoi voleri alla giunta militare è stata vista da alcuni osservatori come il tentativo di rafforzare il prestigio della monarchia nel Paese centralizzando il potere secondo uno stile di stampo assolutista, al contrario di quanto fece il padre Rama IX nei rapporti con le varie giunte militari che guidarono la Thailandia durante il suo regno. Il 6 aprile 2017 Vajiralongkorn controfirmò la nuova Costituzione (la 20ª da quando fu introdotta la monarchia costituzionale nel 1932) che aumentò i poteri dei militari e della Corte costituzionale in ambito politico per prevenire il ritorno al potere di Thaksin Shinawatra e dei suoi alleati.
Dal canto suo, il re vide aumentare sensibilmente i propri privilegi, in particolare nel giugno del 2018 l'Agenzia della Proprietà della Corona annunciò che la proprietà dei beni della Casa reale, fino ad allora considerati un patrimonio nazionale, era stata trasferita a Vajiralongkorn, che diventò così uno dei sovrani più ricchi del mondo. Le elezioni del 2019 si svolsero secondo quanto disposto dalla Costituzione, con i 250 membri del Senato scelti dalla giunta militare. Questa e altre circostanze maturate nel corso delle consultazioni sollevarono pesanti critiche contro la giunta. La coalizione guidata dal Partito Palang Pracharath organizzato dai militari e capeggiato da Prayut si assicurò la maggioranza dei seggi anche alla Camera anche in virtù del discutibile modo in cui vennero gestite da funzionari nominati dalla stessa giunta militare. Il nuovo Parlamento elesse Prayut primo ministro. Alle elezioni ebbe grande successo il Partito del Futuro Nuovo soprattutto tra i giovani, offrendo un'alternativa ai tradizionali partiti politici e ponendosi in conflitto con i militari al potere, ma fu disciolto il 21 febbraio 2020 con una sentenza della Corte costituzionale
L'evento scatenò la reazione popolare ed ebbero subito inizio una serie di manifestazioni anti-governative, le più grandi dal colpo di Stato del 2014. Le richieste dei dimostranti furono lo scioglimento del Parlamento, la fine delle intimidazioni delle forze dell'ordine contro le opposizioni, profonde modifiche alla Costituzione e una radicale riforma della monarchia che prevedeva pesanti tagli ai privilegi del re, un evento senza precedenti nella storia del Paese. I dimostranti espressero inoltre la convinzione che il connubio tra le forze armate e la monarchia fosse un ostacolo da abbattere per avere una democrazia reale. Il governo di Prayut reagì emanando un severo stato di emergenza, nonché inviando le forze dell'ordine a disperdere le pacifiche manifestazioni. Il positivo impatto che ebbero le proteste su buona parte dell'opinione pubblica costrinsero però Prayut a promettere emendamenti alla Costituzione ma il movimento non lo ritenne credibile e le dimostrazioni proseguirono per diversi mesi.
In Thailandia come negli altri paesi dell'area, è tuttora in vigore la pena di morte per l'omicidio, per il traffico di droga e per altri reati gravi. Un reato che viene punito con particolare durezza è quello di lesa maestà, che prevede pene dai 3 ai 15 anni di carcere per ogni singolo "insulto" a un membro della casa reale.