L'Arena di Verona è un anfiteatro romano situato nel centro storico di Verona, icona della città veneta insieme alle figure di Romeo e Giulietta. Si tratta di uno dei grandi fabbricati che hanno caratterizzato l'architettura ludica romana ed è l'anfiteatro antico con il miglior grado di conservazione, grazie ai sistematici restauri realizzati fin dal Seicento. D'estate ospita il celebre festival lirico e vi fanno tappa molti cantanti e musicisti internazionali.
Come scrisse il Beltrame, la mancanza di fonti scritte circa l'inaugurazione dell'anfiteatro rende molto difficile fornire una cronologia sicura, tanto che in passato, da diversi studi, sono emerse date molto differenti. Un periodo di tempo che va dal I al III secolo, è plausibile, anche se ormai è dimostrato che non può essere stato costruito dopo il I secolo.
Per datare l'Arena la si può confrontare con l'anfiteatro di Pola, dato che quest'ultimo è il più simile a quello veronese, sia per l'aspetto stilistico che per quello tecnico, ed inoltre appartiene alla stessa area geografica e culturale: le somiglianze sono tali da far pensare che i due siano opera dello stesso architetto e delle stesse maestranze. Per l'anfiteatro di Pola in genere la costruzione viene datata nel periodo augusteo, per cui è probabile che l'Arena sia stata realizzata all'incirca negli stessi anni.
Altri elementi per una datazione vengono forniti dalla testa di un gladiatore a grandezza naturale, realizzata in tufo: la testa è racchiusa in un elmo nel quale si aprono due fori rotondi, dai quali si intravedono gli occhi. La celata è costituita da due parti che si uniscono esattamente nella metà del viso: queste paragnatidi partono all'altezza delle orecchie abbastanza sottili ma si ampliano fino a coprire tutto il viso, tranne gli occhi. Esse sembrano tenute insieme tramite due corregge incrociate sotto il mento. Questo tipo di elmo si diffonde alla fine dell'età augustea, ovvero circa tra il 10 ed il 20 d.C., e già dopo il 40 questo tipo di elmo si modifica ancora: questo riduce l'arco di tempo in cui può essere stato costruito l'anfiteatro, tra la fine del regno di Augusto fino all'inizio di quello di Claudio. Considerando che le statue venivano realizzate alla fine della costruzione dell'edificio si può supporre che l'Arena fosse già completa verso il 30 d.C., come conferma lo storico Pirro Marconi. Oltre all'elmo anche altre decorazioni sembrano portare a questo periodo la datazione della costruzione dell'anfiteatro.
Nel 1805 Verona si trovava sotto il dominio francese, e il 15 giugno dello stesso anno Napoleone Bonaparte visitò l'anfiteatro, assistendo al suo interno alla caccia dei tori, e proprio in quell'occasione il governo stanziò dei fondi per il restauro del monumento: Luigi Trezza fu incaricato di studiare il piano dei lavori con l'obiettivo di collocare i gradini mancanti, di restaurare il podio, le volte più compromesse, di restaurare le scale che portavano al primo e al secondo ordine di vomitori e le scale maggiori che conducevano al terzo ordine di vomitori, e infine di stuccare le gradinate. Trezza ideò uno stucco per le fessure che sarebbe stato utilizzato fino al 1825, un impasto di calce viva, mattoni pestati e limatura di ferro.
Il 1º gennaio 1807 venne istituita la Deputazione all'Ornato pubblico, la quale aveva tra i suoi compiti la conservazione dell'Arena, che nel 1816, in seguito al passaggio di Verona al regno Lombardo-Veneto, cambiò nome in Commissione all'Ornato. Nel 1817 furono condotti degli scavi all'esterno dell'anfiteatro per accertare la continuazione del canale allineato all'asse maggiore, che venne seguito fino a palazzo Ridolfi, come attesta un'iscrizione lì collocata, e si trovarono le fondamenta delle mura di Gallieno, che andavano a tagliare il canale.
Il 1820 fu un anno importante in quanto il comune decise lo sfratto dall'Arena delle abitazioni, concedendo 42 arcovoli a uso di magazzino. Lo sfratto di 36 affittuari fu il primo passo verso la bonifica del monumento e il suo integrale restauro. Lo sfratto incontrò una forte resistenza degli affittuari, che in alcuni casi vantavano un'occupazione secolare, passata da padre in figlio per generazioni. Lo stesso anno il podestà Da Persico incontrò l'imperatore austriaco Francesco I e gli indicò le esigenze del monumento, così, in seguito al contatto, il comune ricevette l'invito a realizzare un piano di lavoro. Il progetto riguardava specialmente la sistemazione esterna dell'anfiteatro, con la demolizione delle case troppo vicine a esso; inoltre furono decisi ed eseguiti gli scavi lungo l'Arena, in modo da riportare alla luce la base della stessa, visto che era interrata di circa due metri per via del materiale che si era depositato in seguito alle numerose inondazioni che aveva subito la città fino alla costruzione dei muraglioni, ma anche un abbassamento del livello medio della Bra di circa 70 centimetri, seguendo una linea lievemente inclinata dalla Gran Guardia verso l'Arena, e si abbassò anche la quota del Liston. La piazza davanti all'Arena e l'Arena stessa assunsero quindi un nuovo aspetto: l'abbassamento del livello della piazza portò al recupero delle proporzioni del monumento, mentre la demolizione dell'ospedale della Misericordia Nuova, di quattordici numeri civici verso San Nicolò e dei forni militari addossati alle mura comunali diedero, insieme al completamento definitivo della Gran Guardia, più respiro e razionalità all'insieme.
Nel 1866 il Veneto passò al regno d'Italia, ma era ancora attiva la Commissione all'Ornato, che appariva però con il nome di Commissione al Civico Ornato, solo nel 1876 venne sostituito dalla Commissione consultiva conservatrice dei Monumenti, istituita in ogni provincia del regno. In questo periodo la personalità veronese più attiva nel campo dello studio dei problemi del restauro dell'anfiteatro era il conte Antonio Pompei, che tra il 1872 e il 1877 pubblicò alcuni saggi sull'Arena, nei quali mirava principalmente a ricostruire l'aspetto originario dell'anfiteatro. Diresse pure i lavori per la ristrutturazione del terzo ordine di vomitori, senza tuttavia dare un aspetto nuovo alla cavea, a causa di alcune incertezze sorte durante i lavori.
Durante la II Guerra Mondiale la Soprintendenza ai Monumenti diretta dall'architetto Piero Gazzola eseguì alcuni contrafforti provvisori all'esterno ed all'interno dell'Ala per proteggerla dai bombardamenti bellici. Alla fine del conflitto tali contrafforti furono demoliti e fu consolidata staticamente l'Ala, su progetto dell'ing.Riccardo Morandi, grazie al sistema della post-tensione, che prevedeva l'inserimento di cavi d'acciaio dal diametro di 5 mm inseriti nei fori praticati dall'alto, fori poi riempiti da cemento 500 liquido a pressione. Il consolidamento fu realizzato dal 1953 al 1956 con l'inserimento di cavi in acciaio armonico nei 5 piloni verticali che sostengono l'Ala, eseguendo questi importanti lavori con la supervisione della Soprintendenza ai Monumenti. Altri interventi eseguiti dal 1954 al 1960 consistono nel recupero degli arcovoli ancora occupati da magazzini e botteghe, con la demolizione di tutte le strutture non originarie, come solette divisorie e scale in legno, tetti interni con tegole, pareti di contromuratura. Nel 1955 furono sostituiti i circa cinquanta cancelli in legno con quelli in ferro tuttora presenti. Dal 1957 al 1959 furono restaurate le rampe inferiori di quattro scale interne, venne realizzata con ciottoli la pavimentazione degli arcovoli, mentre negli ambulacri vennero collocate le corsie centrali di camminamento in pietra, si pulirono i condotti sotterranei e il grande pozzo centrale, venne restaurato l'intero anello esterno e furono sigillate le fessure fra i gradini della cavea. Nel 1960 venne demolita la vecchia copertura della fossa centrale e venne realizzata una nuova soletta, e nello stesso periodo venne realizzata la ringhiera in ferro che gira lungo l'ultimo gradino per proteggere gli spettatori, la cui realizzazione andò incontro a diversi contrasti.
La caccia dei tori è all'inizio dell'Ottocento ancora popolare, tanto che mostra di gradirla pure Napoleone Bonaparte, che la ammirò il 15 giugno del 1805. Più tardi, lo stesso anno, l'Arena venne utilizzata come campo di concentramento per i prigionieri austriaci, che demolirono il palco per le commedie per farne legna da ardere. Nel novembre 1807 Napoleone, che era nuovamente a Verona, andò a vedere i momenti iniziali di un'altra caccia dei tori.
Nel maggio 1815, in occasione del ritorno di Verona all'impero austriaco e della visita dell'arciduca Heinrich Johann Bellegarde, viceré del regno Lombardo-Veneto, vi fu una caccia dei tori e alla fine dello spettacolo la distribuzione di granturco ai più poveri: si era soliti, infatti, abbinare divertimento e beneficenza. Nel marzo dell'anno successivo, per festeggiare l'imperatore Francesco I e sua moglie Maria Ludovica, si sostituì alla barbara caccia dei tori una corsa dei fantini, preceduta dalla distribuzione, anche in questo caso, di granturco ai poveri, esposto in carri al centro dell'anfiteatro che furono poi avviati alle parrocchie.
Il 24 novembre 1822, conclusosi il congresso di Verona, si tenne nell'Arena una grande coreografia con preludio lirico. Il testo, intitolato La Santa Alleanza, fu opera di Gaetano Rossi mentre la musica venne composta da Gioachino Rossini, che diresse la sua esecuzione: all'inizio dello spettacolo il Fato con un cenno faceva apparire da quattro direzioni quattro carri, di Minerva (circondata dalle raffigurazioni allegoriche delle arti, dell'abbondanza e della felicità), di Cerere (circondata dalle ninfe e dal commercio), di Nettuno (con i geni marittimi) e di Marte (circondato dalla forza, dal valore e da guerrieri). Venivano eseguite contemporaneamente quattro diverse danze mentre i carri giravano in circolo, in modo che tutti gli spettatori potessero assistere allo spettacolo. L'ultimo quadro era formato da un'esibizione d'insieme attorno alla statua della Concordia.
Nell'Ottocento furono molto apprezzate le gare di equitazione e le gare velocipedistiche, gli spettacoli di ascensione con aerostato, gli esercizi ginnici acrobatici, la commedia e il gioco della tombola: le più celebri quella del 1838 a cui partecipò anche l'imperatore Ferdinando I, quando la parte più bella dello spettacolo si ebbe con l'apertura di migliaia di ombrelli di tutti i colori per un acquazzone, e quella del 1857 a cui partecipò l'imperatore Francesco Giuseppe, che assistette al popolarissimo spettacolo con l'estrazione della tombola e dell'albero della cuccagna. La musica di Gioachino Rossini tornò nell'Arena solo il 31 luglio 1842 dopo che dieci giorni prima aveva avuto successo nel teatro Filarmonico. La prima stagione lirica si ebbe però nel 1856 quando furono eseguiti Il Casino di Campagna e La fanciulla di Gand di Pietro Lenotti e Le convenienza teatrali e I pazzi per progetto di Gaetano Donizetti. L'Arena si preparava ad assolvere pure compiti civili, come il 16 novembre 1866, quando vi si tenne la festa per l'annessione del Veneto al regno d'Italia alla presenza di Vittorio Emanuele II. Dopo il 1866 Verona rimase città militare, ma l'esercito si mostrò più vicino al popolo, tenendo a volte nel monumento lo spettacolo del carosello. Inoltre la prima domenica di giugno per la festa dello statuto albertino si teneva uno spettacolo pirotecnico.
In occasione della sua seconda e della sua terza tournée europea, rispettivamente nel 1890 e nel 1906, l'Arena ospitò anche il celebre Wild West Show , il circo di indiani e cowboy di Buffalo Bill; a recensire entusiasticamente lo spettacolo sulle pagine del quotidiano locale L'Arena fu lo scrittore Emilio Salgàri.
Gli spettacoli più di successo nel primo decennio del Novecento fino all'Aida del 1913, che aprì ufficialmente il Festival lirico areniano, furono gli spettacoli circensi. Dal 1913 l'anfiteatro veronese divenne il più grande teatro lirico all'aperto del mondo e, con tale utilizzazione, venne così salvata l'esigenza di conservare il carattere di ambiente per spettacoli popolari, tutelando allo stesso tempo la dignità del monumento. Inoltre tornarono più volte al suo interno gladiatori, belve e persecuzioni di cristiani per la realizzazione di film storici.
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